“Nei giorni che andarono dal lunedì 30 luglio al mercoledì primo di agosto la situazione tattica dei due schieramenti restò come bloccata, entrambi i contendenti lavorarono alacremente al rafforzamento dei campi, scavando e fortificando le posizioni occupate per garantirsi solide postazioni in previsione dell’attacco nemico. Nel campo fiorentino-spagnolo la situazione era leggermente migliore, l’esercito guidato dal Marignano operava, tutto sommato, in territorio amico; da Arezzo per esempio arrivarono il 31 luglio 70 muli carichi di pane già confezionato. Scaramucce si accendevano tra i reparti avanzati, impegnati nell’impedire all’avversario il movimento e, cosa fondamentale, l’andata all’abbeverata di uomini e cavalli.
La stagione era secca, non pioveva da 40 giorni, il caldo torrido e il problema maggiore era quello di garantire ogni giorno acqua da bere per le migliaia di uomini accampati sulle colline riarse; a lungo andare la situazione generale volgeva a sfavore dei franco-senesi: Piero Strozzi lamentava la scarsità di zappatori di cui invece avrebbe avuto estremo bisogno per i necessari lavori di sterro e fortificazione, inoltre l’organizzazione logistica era affidata al caso e alla buona volontà dei sottoposti con la conseguente penuria di rifornimenti alimentari:Il grano ammassato nei giorni precedenti a Lucignano non poteva essere macinato perché nella guerra di scorreria intrapresa dai senesi questi si erano accaniti nella distruzione dei mulini di Val di Chiana e ora, costretti all’immobilità sotto Marciano, per sfamare la gente in armi. La distanza da Siena complicava ulteriormente il servizio di spola tra il comando di Piero Strozzi e la città per cui anche il denaro necessario alle paghe dei soldati scarseggiava e le soldatesche,in gran parte composte di mercenari irrequieti, cominciavano a ribollire di rabbia reclamando i denari arretrati. I soldati più esasperati tentavano la diserzione passando da un campo all’altro.
Questa situazione ormai insostenibile e la cronica mancanza d’acqua costrinsero Piero Strozzi alla ritirata verso Lucignano, la decisione era improvvida: ritirare un esercito in vista del nemico, in pieno giorno, era un azzardo pazzesco dal punto di vista militare, comunque, alla mezzanotte tra il primo e il 2 di agosto, fra le tende dell’accampamento franco-senese, giunse l’ordine di ritirata di Piero Strozzi; il campo franco-senese era mezzo addormentato o, almeno, gli uomini cercavano di riposare nelle poche ore di frescura concesse dal clima torrido di quei giorni. Una volta giunto l’ordine i capitani delle compagnie mandarono i loro subalterni a svegliare gli uomini, facendoli armare, levare le tende, fare insomma i bagagli e tutti quei preparativi che, febbrilmente, facevano i soldati impegnati ora a togliere il campo. Il capitano senese Cornelio Bentivoglio ebbe da Piero Strozzi un po’ di uomini per distrarre l’attenzione del nemico durante la manovra di ripiegamento, sempre ardua con gli eserciti schierati a poca distanza uno dall’altro: probabilmente lo Strozzi riteneva che il Marignano non avrebbe osato sfidarlo a battaglia, così come era già successo un mese prima a Pescia e a San Vivaldo.Sul fronte opposto, nel campo fiorentino-spagnolo, Gian Giacomo Medici tenne i suoi soldati in stato di allarme per tutta la notte.”
Certamente si vedevano muovere fuochi nel campo nemico e, le orecchie più acute, avranno udito le voci dei soldati e gli ordini dati in francese, tedesco e italiano dai capitani impegnati a zittire gli uomini, i versi delle bestie caricate dei bagagli: muggiti di buoi, nitriti di cavalli e infine ragli, dei muli, asini e somari mossi a furia di bastonate dai loro conducenti. I soldati del campo fiorentino, una volta allertati, furono fatti armare e schierati per compagnie, pronti a marciare ed affrontare il nemico se questi avesse dato segno di attaccare. Un combattimento notturno era sempre temuto nonostante la prassi guerresca dell’epoca vi ricorresse spesso. La frescura notturna divenne per qualche tempo più pungente e la notte cominciò impercettibile a schiarire, il buio della notte trascolorò lentamente in quell’incerto chiarore dove l’ombra svanisce e gli uomini poterono vedere il viso di chi avevano accanto, riconoscendo il compagno non più solo dalla voce. Seduti sulla terra, appoggiati alle picche, le armi al piede e le micce finalmente accese senza il timore di essere rimbrottati dai caporali, gli uomini cominciarono a discernere nella prima luce del giorno le colline davanti al loro sguardo. Sulle colline di fronte l’esercito nemico era in movimento, le picche delle compagnie ondeggiavano al passo dei soldati che marciavano spediti lasciando le posizioni dove erano schierati la sera prima. Lungo il crinale delle colline l’esercito franco-sense stava marciando verso Villa del Pozzo, Foiano e Lucignano. Visto l’evolversi inaspettato della situazione il Marignano decise di mandare i cavalli all’abbeverata nella Chiana e ordinò ai fanti di riposare un poco nelle tende, lasciando all’erta le sentinelle.